“La versione di Barney”, Mordecai Richler
Editore: Adelphi
Prezzo: 13 €
- Scorrevolezza: 3/5
- Divertimento: 5/5
- Quanto ti prende: 4/5
- Tempo di lettura previsto: sei pause pranzo di nozze
- Da leggere insieme a: del buon cognac e magari del blu d’alvernia, o uno di quei formaggi francesi che il giovane Barney contrabbandava
[…] sto andando di nuovo fuori tema. Parlo di tutto, tranne di quello di cui dovrei. Ma questa è la vera storia della mia vita dissipata, che è fatta essenzialmente di oltraggi da vendicare e ferite da rimarginare. […]
Ci sono libri che rapiscono, libri che abbandoni esausto dopo 10 pagine, e poi ci sono loro: i libri CHEFFATICA.
I libri CHEFFATICA sono quelli di cui tutti ti hanno parlato bene, che sai che dovrai cominciare prima o poi: così li cominci, e la prima cosa che pensi è “EH?”. Se, come me, sei un lettore discretamente avvezzo ai mattoni, difficilmente ti arrenderai: andrai avanti, sperando che le cose cambino. Se sei anche piuttosto fortunato, riuscirai a trovare anche una chiave di lettura che semplificherà il tuo compito: ne La Versione di Barney, quando cominci ad arrenderti alle continue digressioni del protagonista, è quasi fatta. Proseguendo con la lettura, è possibile apprezzare lo stile letterario di Mordecai Richler e il suo innegabile talento MA, contravvenendo al titolo di questo blog, possiamo mettere subito le mani avanti:
Questo non è esattamente un libro da pausa pranzo.
Non so se per voi è diverso, ma la mia pausa pranzo è anche interrotta da qualche telefonata, da un paio di commissioni, (e infine!) mangi qualcosa. Mantenere alta la concentrazione per più di dieci minuti consecutivi può essere un problema, e il verboso Barney non mi ha mai facilitato il compito.
Per questa ragione, pur avendo provato a tenere fede al mio impegno e a portarmi il non proprio agile scritto (quasi 500 pagine) di Richler ogni giorno in borsa, ho rimediato poco più di un mal di schiena: tuttavia il libro vale decisamente il tempo che gli dedicherete, e ora vi spiego perché.
1) Perché non si è mai vista una storia che comincia così
Barney Panofsky, 67enne produttore televisivo, giunto alla soglia della terza età decide di scagionarsi una volta per tutte da un’accusa di aver ucciso Boogie, suo amico di gioventù e mentore. Un’arringa che presto si perde per strada, e si trasforma nell’autobiografia di un uomo che si ritrova, per la prima volta, solo davanti ai suoi fallimenti: i sogni di gloria mai realizzati, le aspirazioni intellettuali irrisolte, la consapevolezza di essere uno dei principali produttori canadesi di spazzatura televisiva. E, delusione tra le delusioni, l’abbandono del tetto coniugale di Miriam, la sua bellissima e amatissima moglie.
Barney è il testimone di un’epoca straordinaria, ma è come se la sbirciasse soltanto dalla finestra: gli amici di un tempo sono perlopiù artisti affermati, a lui restano un ottimo sigaro, del cognac e una casa di produzione denominata, non a caso, Totally Uneccessary Production. E un’accusa di omicidio, appunto.
2) Perché Barney è rosicone. Assai.
Diciamocelo: molti di noi sono rosiconi (me compresa), ma nessuno ama ammetterlo. L’erba del vicino è sempre più verde ma, chissà perché, mai per merito suo. Barney tendenzialmente invidia tutti: l’amico-nemico Cedric, per l’immeritato – a suo giudizio – successo letterario; Leo, le cui tele realizzate con materiali di fortuna raggiungono quotazioni astronomiche; il nuovo compagno della moglie, dotato di un’innata passione civile e beh, della sua ex moglie.
Barney rosica anche quando racconta dei suoi più intimi sentimenti: il dolore per il suicidio della sua prima moglie Clara non sarà mai forte quanto le perplessità suscitategli dalla di lei arte, e così l’orgoglio di aver messo al mondo un figlio scrittore sarà abbondantemente stemperato dall’ultimo, fatale, dispetto che gli farà.
Barney è uno stronzo, dunque? Affatto: tendenzialmente mite, a volte anche un pò vittima, è un padre (a suo modo) amorevole, è un amico generoso, è capace di grandi gesti romantici. Il nostro è semplicemente un eroe umano, che parlando ad alta voce mette in scena i cattivi pensieri che molti di noi prima o poi hanno fatto su un amico di successo. Una sincerità catartica che ci riappacifica con le nostre spigolosità.
3) Perché tutti invecchiano. Anche le donne bellissime.
Barney non è più un uomo giovane, e dalle pagine del romanzo possiamo tranquillamente dedurre che non sia invecchiato benissimo. Decisamente poco atletico, incline ai vizi del fumo e dell’alcool, il suo è un corpo in evidente decadimento. Seguitato con crescente apprensione dalla sua segretaria e dalla figlia Kate, Barney si ritrova spesso e volentieri a dover dar prove del proprio vigore fisico quando invece i fatti raccontano tutta un’altra storia. Sono lontani i tempi di Parigi, delle fughe in treno all’inseguimento di Miriam, delle maratone di sesso.
Barney è il classico nonno che tutti guardano con circospezione chiedendosi se e quando cadrà: questo a dispetto della considerazione che Barney ha di se stesso, per giunta proprio quando ha deciso, finalmente, di scrivere le proprie memorie e di diventare “un vero scrittore”. Barney, tuttavia, non è il solo a risentire il passare del tempo: la seconda moglie (della quale non si scoprirà mai il nome, ma sarà sempre definita “la seconda signora Panofsky), afflitta da evidenti problematiche di binge eating, ha sotterrato sotto strati di grasso la sua passata sensualità. Persino la splendente Miriam e i suoi meravigliosi occhi blu sono sacrificati al dio dell’età anziana: la nuca imbiancata, il bastone, un ictus fortunatamente preso in tempo ci dimostrano che sì, anche le belle invecchiano (non male come Barney, però).
4) Perché del Canada non si parla mai abbastanza
Pensate a tutti gli scrittori canadesi di vostra conoscenza. Fatto?
Se a voi, come me, il Canada ricorda solo lo sciroppo d’acero, South Park e Robin di How I met your mother, La versione di Barney vi introdurrà in un’atmosfera assolutamente inconsueta per i nostri schemi da lettori. Località, cenni di politica, costume: c’è un mondo oltre gli Stati Uniti. La versione di Barney non sostituirà la Lonely Planet, ma vi potrà suggerire le prossime ricerche su Wikipedia e, magari, la meta del prossimo viaggio.
Giustamente definito un classico contemporaneo, La versione di Barney rappresenta il libro giusto per chi vuole ridere ma anche commuoversi un pò. La narrazione è frizzante, ma vi avverto: le continue digressioni non agevolano il compito della lettura.